Juri Roverato
LA DANZA DELLE EMOZIONI
Benveuti nel blog di Juri Roverato
Sono danzatore, insegnante di Danceability ed attore.
Lavoro con adulti e bambini, danzatori e non, persone abili e non.
Se volete informazioni, richieste di corsi o solo scrivermi anche dei commenti, contattatemi via mail:
venerdì 17 marzo 2023
Curriculum
venerdì 7 giugno 2019
Cambiamento di filosofia
Con gli anni si cambia, ora mi piace pensare che siamo tutti unici e speciali, fortunatamente diversi, altrimenti non ci sarebbe più crescita. solo nella diversità c'è dialogo, confronto e crescita.
venerdì 21 settembre 2012
Presentazione
“TUTTI GLI UOMINI SONO UGUALI”.
Questa semplicissima frase è presente o dovrebbe essere presente nella mente di tutti gli esseri umani, non solo a livello concettuale ma anche a livello pratico e concreto.
Cominciare un articolo sulla Dance Ability con questa frase non è uno slogan, ma mi sembra la descrizione più semplice che si possa dare di questa tecnica: una danza, una scoperta, un incontro. Rivolta a tutte le persone, non richiede una preparazione fisica particolare, ma solo il desiderio di scoprire se stessi, il proprio corpo, le proprie potenzialità psicofisiche e l’altro. Spesso l’altro diventa una persona con cui si possono trovare nuovi canali di comunicazione rispetto quelli usati nel vivere quotidiano. A questo proposito sembra che la Dance Ability divenga spesso un mondo separato da quello esterno, una parentesi che si apre col cerchio iniziale e si chiude con quello finale, però… non è sempre così: vengono dati stimoli che possono essere portati anche fuori, suggerimenti che possono essere applicati anche al mondo esterno con le dovute modifiche, esperienze che fanno crescere o, perlomeno, che fanno provare qualcosa di nuovo e di diverso ma che può essere proiettato nel mondo vissuto.
Tutte le persone possono praticare la Dance Ability, perché tutte le persone hanno un proprio corpo, hanno dei movimenti personali, hanno qualcosa da dare e hanno bisogno di ricevere in cambio qualcos’altro: la Dance Ability è anche questo, uno scambio di emozioni, uno scambio di opinioni, uno scambio di movimenti. Ogni persona, qualsiasi sia il suo grado di abilità o di disabilità, può dare e ricevere, può muoversi, può danzare, può… perché è unica e speciale per la sua unicità.
La Dance Ability si propone proprio questo: cerca di far danzare ogni persona, cerca di metterla in relazione col proprio corpo, cerca di farla comunicare con gli altri attraverso danze improvvisate che assumono spesso l’aspetto di dialoghi comprensibili per tutti. L’improvvisazione: l’improvvisazione è una delle basi della Dance Ability, è la sua origine e la sua creatività. Ci possono essere anche brevi spezzoni preparati, ma l’improvvisazione resterà sempre il cardine portante della Dance Ability: alla fine, comunque, non si cade mai nella casualità, ma si riesce sempre a restare nella danza.
Danze personali, danze di coppia, danze con le carrozzine, danze di piccoli gruppi, danze di grandi gruppi: tutto questo è Dance Ability, ma soprattutto emozioni, nuovi modi di guardare se stessi, gli altri e il mondo, nuovi modi di porsi con gli altri. Con la Dance Ability si raffinano anche tutti i propri sensi attraverso lavori specifici che li potenziano e li esaltano.
E poi… ultimo aspetto, ma senza dubbio uno dei più importanti: il rispetto! Il rispetto per se stessi, per il proprio corpo, per la propria mente e per gli altri. Il coraggio di dire “Per me questo è troppo!”, “Piano, mi stai facendo male!”, “Ehi, fermo, ci sono anch’io”. La scoperta che ci si può fermare o che si può fermare l’altro, nel momento in cui ci si accorge che si stanno superando i propri limiti. Tutto questo non è un’esaltazione della debolezza, anzi è sinonimo di forza e di maturità: se qualcuno non ce la fa, significa che deve trovare altre strade per fare lo stesso percorso, significa che ha la maturità di dire “Ho dei limiti, ma posso farcela anch’io!”. Ed è proprio qui che abilità e disabilità si fondono e si confondono: tutti siamo abili, tutti siamo disabili, perché tutti siamo uomini!
21 gennaio 2001
Juri Roverato
domenica 24 ottobre 2010
Sogno Creativo
IL NUOVO SPETTACOLO DI JURI ROVERATO
La “Creazione” è uno dei grandi ed eterni misteri, presente in ogni cultura umana, in ogni tempo, in ogni luogo.
“Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”: sono domande che l’uomo si è sempre fatto, probabilmente da quando ha avuto una qualche consapevolezza di esistere, e che si farà sempre.
Spesso ha risposto alle proprie domande con miti, con risposte religiose, con la scienza, ma ciò che lo ha contraddistinto è sempre stato il fatto che non ha mai smesso di cercare, d’interrogarsi, né tanto meno di darsi delle spiegazioni che di volta in volta lo rassicuravano.
Ogni risposta, probabilmente, ha una parte di verità; se si uniscono più risposte, si può avere la speranza di aprirsi a nuovi orizzonti e trovare nuove strade. Prendere spunto da tradizioni completamente diverse tra loro permette di dare a tutti molteplici chiavi di lettura, senza escludere nessuno.
Juri Roverato
Per vedere un promo:
http://www.arsgieffe.com/cms/component/content/article/3-promo-danzateatro/27-sogno-creativo.html
domenica 17 gennaio 2010
sabato 16 gennaio 2010
sabato 9 gennaio 2010
Senegal
(SENEGAL CASAMANCHE: 22-12-’02 05-01-’03)
Nella vita ogni esperienza che vada fuori da ciò che consideriamo routine è qualcosa di speciale ed indimenticabile: credo che ogni viaggio rappresenti qualcosa d’importante perché costituisce il mezzo più facile per entrare in comunicazione col Mondo o, almeno, con una sua piccola porzione.
La grandezza e la bellezza del viaggio da poco terminato in Senegal risiede proprio in questa sensazione di aver cominciato a dialogare col Mondo, con la Terra, con un piccolo angolo di Africa Nera e, soprattutto con le persone che la abitano. Immergendosi nella realtà senegalese, si scoprono quasi subito che i tempi di vita sono completamente diversi da quelli europei: di primo acchito si giustifica questo aspetto pensando che tutti siano in vacanza o in relax come noi, ma quando ci si volta indietro e si vedono le persone che in realtà stanno lavorando, si capisce che c’è qualcosa di diverso, qualcosa di magico, qualcosa di saggio. Alla frenesia cui siamo purtroppo abituati, si oppone un ritmo di vita basso ed una tranquillità invidiabile: tutti lavorano, lavorano tantissimo, eppure il loro lavoro non appare come dovere, come angoscia, bensì come vita e gioia.
Uno degli aspetti più sconvolgenti del Senegal è proprio questo continuo lavorare: donne che stanno chinate per ore e scopano il marciapiede davanti la loro umile dimora. Usano una piccola scopa di saggina senza manico per evitare di far polvere e poi, come per magia, si raddrizzano e si mettono a danzare e a cantare con gioia. La loro fatica è enorme, eppure la sublimano in un inno alla vita. Altre sistemano per ore ed ore immense cataste di pesce appena pescato, mentre i bambini aiutano come meglio possono; ovunque si possono scorgere campi sterminati occupati da persone che si danno da fare con tutte le loro forze per dare il loro contributo, sia esso grande sia esso piccolo. Sconvolge, però, soprattutto il fatto che in proporzione l’uomo lavora molto meno della donna, come se la vita dipendesse più dalla componente femminile rispetto a quella maschile.
Rallegra, invece, il fatto di essere salutato e guardato in modo “strano” perché la nostra pelle è bianca: è una sensazione particolare, a volte positiva altre negativa, ma senza dubbio non è qualcosa che scorre via senza lasciare in noi riflessioni interiori! La sensazione aumenta esponenzialmente se, oltre ad essere bianco, cammini anche in modo strano, come nel mio caso: curiosità, paura, ironia, presa in giro… queste sensazioni spesso si mischiano nei volti e nei gesti dei senegalesi quando vedono un disabile bianco. Le reazioni che mi hanno sorpreso di più sono state quelle degli abitanti di Saint Louis, forse la città senegalese più “occidentalizzata” e benestante di tutto il Paese: qui, infatti, quasi tutti ridevano e facevano la caricatura del mio modo di muovermi, come se fossi un fenomeno da baraccone. Non avendo riscontrato altrove questo atteggiamento ed essendo stato, anzi, molto apprezzato negli altri posti, nei piccoli villaggi per esempio, mi sono chiesto quanto sia negativa l’influenza del “benessere” economico su questo aspetto e, di conseguenza se sia realmente positivo essere “ricchi” o se, invece, l’agiatezza faccia perdere a chi la ottiene qualcosa d’importante per la propria persona.
Quando si lasciano le grandi città e le buganvillee, si ha la possibilità di entrare a contatto diretto con la Natura, con quella savana che si pone come naturale confine fra il deserto e la rigogliosa foresta pluviale. È qui che i pensieri umani trovano la loro pista di decollo per alzarsi in volo e prendere in considerazione l’ipotesi che l’infinito possa trovarsi anche nel Mondo. Un infinito rosso e caldo in cui si ergono in tutta la loro maestosità fantastici baobab, le cui forme sembrano esaltare il naturale sforzo di confrontarsi con la gravità. Un infinito collinare che ospita innumerevoli animali più o meno addomesticati dalle popolazioni locali: il confine fra pascolo e parco naturale, infatti, non potrà mai essere così netto come si vuol far credere, ma ci sarà sempre un dialogo fra le due zone, un dialogo che vivifica entrambi.
Entusiasmante risulta, in questo momento, la possibilità di trascorrere almeno una notte all’interno del Parco Naturale Niokolo-Koba nel tentativo di ritrovare almeno per qualche istante quella sintonia primordiale con la magnifica Natura di cui volenti o nolenti faremo sempre parte. Più che ritorno alle origini, definirei questa cosa come necessario atto per andare avanti nella vita. E non è un caso se ovunque si vada, si senta quasi sempre il vitale suono dei tamburi che battono al ritmo della vita, rendendo il Senegal una calda culla ove poter riposare almeno per qualche istante.
Juri Roverato
Padova, 8 gen. 03
Viaggio nel tempo
(NILO BREVE SPECIAL: 22-12-’01 05-01-’02)
Siamo tornati da pochi giorni da un viaggio in Egitto: è stata un’esperienza fantastica, semplicemente incredibile.
Era un viaggio speciale, il percorso era più breve di quelli tradizionali e i tempi erano allungati rispetto quelli usuali, perché tra i partecipanti c’erano anche persone con disabilità fisiche; era speciale anche perché si era superato di poco il tetto minimo di partecipanti. Non è stato un viaggio facile, lo ammetto, ma forse è stato eccezionale anche per questo: è da molto tempo che ho iniziato a credere che le mete più belle siano quelle conquistate con la fatica e col sudore, e… durante questo viaggio questa mia idea si è concretizzata più e più volte. Gestire una carrozzina in mezzo ai siti archeologici, tra le sabbie del deserto, su e giù dagli alti marciapiedi de Il Cairo, di Luxor, di Assuan o delle altre città, non è stato semplice: l’accompagnatore doveva essere forte e prestante fisicamente, doveva essere spesso aiutato da altre persone; chi stava in carrozzina doveva cercare di mantenere l’equilibrio, doveva fidarsi ciecamente di chi lo aiutava, doveva… doveva spesso alzarsi in piedi, aiutato da altre persone, per raggiungere luoghi dalla bellezza mozzafiato. Già l’Egitto ha luoghi la cui bellezza mozza il fiato sia in senso figurato sia in senso letterale: si resta incantati di fronte alle tombe dei faraoni o di fronte agli innumerevoli templi che si ergono sul suolo egiziano e, se si hanno problemi di spostamento, si va in apnea per raggiungere quelle meraviglie. Nonostante tali difficoltà, bisogna anche dire che ogni egiziano è sempre disponibile ad aiutare le persone in difficoltà, si adopera con tutte le sue forze per portare un “disabile” in ogni luogo. Bisogna sottolineare comunque che è praticamente impossibile andare in Egitto con una carrozzina elettrica: non solo sarebbe impossibile visitare i siti archeologici, ma sarebbe impossibile anche girare per le città perché i marciapiedi sono altissimi e non esistono rampe per raggiungerli! È inoltre indispensabile informarsi prima sugli alberghi, perché non tutti sono adeguati ad ospitare una persona con disabilità motorie.
Con questi piccoli accorgimenti tutti possono quindi andare ovunque, perché tutti hanno il diritto di vedere il Mondo e le sue bellezze! Questa frase vorrei dedicarla ad alcuni connazionali poco corretti, per dire un eufemismo, infastiditi dalla presenza dei disabili: non credo esistano uomini di serie A e uomini di serie B; siamo tutti abili, siamo tutti disabili, perché tutti siamo uomini con gli stessi diritti e doveri! Forse è stato questo l’unico “neo” del viaggio: personalmente mi ha fatto molto male l’essere accettato ed ammirato dai locali ed essere disprezzato ed offeso dai miei connazionali, i quali ritenevano di essere gli unici ad avere il diritto di vedere il mondo sebbene spesso non avessero nemmeno le capacità di guardarlo… mi è dispiaciuto!
Più che un viaggio spaziale, mi è sembrato un viaggio temporale: ho apprezzato moltissimo la possibilità di uscire dai percorsi turistici, perché ho potuto gustare frammenti di vita quotidiana. Era vita vera, vissuta da persone comunissime che non aspettavano la visita di stranieri e continuavano la loro routine senza dover dimostrare nulla a nessuno. A mio parere questa è stata la parte più emozionante: il tempo sembrava essersi fermato all’epoca dei faraoni, i contadini sembravano respirare ancora la stessa aria che aveva fatto vivere i propri antenati, i quali, probabilmente, avevano aiutato a scavare le tombe dei faraoni o ad edificare le piramidi. Era questo il pensiero che invadeva la mia mente e riempiva il mio cuore con mille emozioni lungo le anse del Nilo o dei canali paralleli.
Lo stesso sentimento pervadeva il mio essere quando c’era la possibilità di disperdersi nei mercati o fra le bancarelle comuni dove i venditori cercavano di conquistare la nostra attenzione per trattare la vendita della loro merce: certo, hanno una furbizia unica, non si sa mai quanto valga un oggetto, non si sa mai chi imbrogli di più, non si sa mai se si fa un buon acquisto o un cattivo acquisto, ma l’importante è trattare, l’importante è riuscire ad instaurare un dialogo per qualche secondo con ogni persona che si incontra per strada. A volte è incredibile come alcune persone seguano i turisti anche per chilometri e si mettano a parlare con loro, dando consigli sugli acquisti e sulle botteghe: non si capisce mai se loro abbiano la percentuale o meno, ma ciò che affascina di più è il calore immenso con il quale si è accolti. Spesso basta un saluto o un sorriso per sentirsi bene e per credere di avere anche noi un posto speciale nel Mondo.
La frenesia della vita si svolge quasi ventiquattro ore su ventiquattro lungo le sponde del Nilo e tra i viottoli delle città: sembra quasi incredibile, ma chi ha un negozio o un banchetto lavora praticamente sempre o, perlomeno, in qualsiasi ora del giorno o della notte si può trovare qualcosa da acquistare. Al brulichio perenne del lungo Nilo si contrappone la quiete ventilata del deserto che si estende all’infinito a pochi chilometri di distanza: un infinito finito che circonda e protegge una millenaria civiltà che, per qualche aspetto, è riuscita a conservare la comunicazione con le proprie origini.
8 gennaio 2002
Juri Roverato